Come si fa a sapere se una gelateria è davvero artigianale?

Come si fa a sapere se una gelateria è davvero artigianale?

Messa così la domanda potrebbe anche far sobbalzare (ma è proprio questo il punto). Come si fa a capire se la nostra gelateria di fiducia ci propone un gelato “artigianale”?

Questa è una domanda che la maggior parte del pubblico che non è nel nostro settore si pone, associando il termine “artigianalità” a una sorta di garanzia qualitativa superiore… Diciamo subito che può non essere esattamente così, almeno non sempre.

Forse sarebbe meglio porre la domanda in un altro modo: “Come faccio a sapere (da consumatore) se il gelato che mi viene venduto in questa gelateria non è prodotto in serie da un’industria, ma è frutto del lavoro di un professionista, che utilizza ingredienti sani, freschi e ben euquilibrati. Il risultato della sua ricerca, della sua professionalita e non sono semplicemente elementi assemblati partendo da una busta o un barattolo industriali, come si farebbe con un mobile dell’IKEA?”

Senza entrare nel merito di leggi a tutela del consumatore su tali argomenti (non ne esistono attualmente), quali possono essere dei parametri di riferimento per dare risposta a questa “semplice” domanda?

Che poi in ultima analisi non è altro che un modo diverso di chiedere (giustamente) la garanzia di trasparenza nella produzione e vendita di un prodotto alimentare complesso come il gelato.

Ecco che potrebbe essere utile conoscere alcuni parametri descrittivi che possiamo applicare nella valutazione di una gelateria in senso più ampio.

Ma perché ci vogliamo addentrare in questo campo un po’ spinoso? Semplice: perché il mercato delle gelaterie artigianali non è solo variegato a causa dei gusti in vetrina, ma lo è anche per il tipo di proposte, di processi di lavorazione e soprattutto di scelta di ingredienti e di professionalità di chi produce e gestisce.

Al di là dell’annoso problema di stabilire cosa sia artigianale e cosa no, che non ha in sé una connotazione positiva o negativa, sarebbe utile fare chiarezza quantomeno su ciò che è considerabile qualitativamente elevato, eticamente corretto e professionalmente rilevante.

Qualità, etica e professionalità

Il termine qualità non è univoco, ma potrebbe significare molte cose.

Quando ci si appresta ad acquistare e poi a degustare un gelato, il termine qualità viene applicato ad una serie di aspettative che si sono formate nella mente del consumatore, grazie ad una serie di input ricevuti in momenti e situazioni diverse. L’idea della qualità attesa è infatti creata grazie ad aspettative interiorizzate a livello culturale (esperienza) di ogni singolo individuo, a cui si aggiungono quelle derivanti da ciò che il cliente percepisce entrando in contatto con tutti i punti di comunicazione del brand, negozio e personale di servizio inclusi e che poi devono fare i conti con il gusto individuale di ognuno.

Quando la qualità che ci si attende non mantiene le aspettative, ma è percepita come inferiore, si avrà l’impressione che il prodotto/servizio sia di scarsa qualità. Se al contrario le aspettative, non solo sono state soddisfatte, ma vengono addirittura superate, si avrà la percezione di alta qualità. Questo può valere per il servizio, l’atmosfera del negozio e la bontà del prodotto sotto il profilo edonico. Esiste poi una qualità più oggettiva che viene riferita alle caratteristiche organolettiche degli ingredienti che vengono utilizzati, alle loro peculiarità, alla salubrità, alla storia e quant’altro, che evidentemente sono indice di ricerca e di rispetto verso la salute o il gusto del proprio cliente. A volte anche in contrasto con quelle che sono le economie aziendali.

Certo occorre fare attenzione a come viene fatta la comunicazione della qualità all’interno delle gelaterie. Una delle ultime tendenze è quella di promuovere i prodotti “senza” come qualitativamente migliori di quelli “con”, oppure di utilizzare la parola “naturale” in modo arbitrario e spesso fuori luogo. Semplificazioni talvolta efficaci, poiché comunicano alla “pancia” del consumatore distratto dall’enfasi del messaggio, piuttosto che attento alla sostanza di ciò che sta dietro. Non essendo tutto oro quel che luccica, occorre quindi saper interpretare anche i messaggi apparentemente più semplici e innocenti.

Il modo migliore per capire cosa c’è dentro il gelato inizia dall’analisi del cartello degli ingredienti: un mezzo di comunicazione obbligatorio che, se non fatto come si deve, o peggio nascosto o inesistente, può dare già un indice di qualità, riferita alla professionalità, o all’onestà intellettuale, di chi gestisce il locale.

La qualità, intesa anche come freschezza, degli ingredienti tuttavia non deriva solo dalla comunicazione scritta o verbale che sia. La presenza stessa degli ingredienti all’interno del negozio parla da sé e può essere un veicolo di comunicazione della qualità molto efficace, si pensi alle cassette di frutta fresca in vista nel negozio o alla possibilità di scorgere le lavorazioni del laboratorio. Un cliente attento, deve quindi sapersi guardare intorno alla ricerca di messaggi palesi o nascosti che rivelano indizi sul livello qualitativo presente in quel momento in quel dato locale.

L’etica è un altro parametro importante da tenere in considerazione. Prestare attenzione all’ambiente, a chi lo abita (animali inclusi), cercando di evitare sprechi, inquinare il meno possibile, risparmiare l’energia, valorizzare le economie locali e i propri collaboratori, dovrebbe essere un prerequisito di ogni abitante senziente di questo pianeta. Le scelte professionali e le azioni quotidiane di ciascuno possono essere fatte tenendo conto o meno dell’etica. Anche qui non basta la presenza di frasi ad effetto affisse sul muro, ma occorre “vedere” il sistema di lavoro e “ascoltare” chi vi opera all’interno. I segnali sono spesso banali o nascosti: e vanno dalla semplice presenza di contenitori per la raccolta differenziata, alla scelta del tipo di illuminazione o dei materiali di arredo. Passando dall’inquinamento acustico (che può affliggere chi lavora per molte ore dietro al banco o in laboratorio), fino alle indicazioni di ingredienti (acquistati localmente, equosolidali o biologici) e dei supporti scelti per la vendita, come le coppette, le palette e i contenitori in genere, che possono essere compostabili o ecosostenibili.

La professionalità di chi si occupa del servizio risulta evidente dal contatto diretto: è facile osservarne il comportamento e l’interazione con i clienti. Le prime cose che un cliente osserva entrando in una gelateria (o in qualsiasi altra attività di somministrazione) sono l’accoglienza, l’aspetto igienico degli ambienti e della persona al servizio e della sua divisa di lavoro (quando c’è: ed è un altro punto guadagnato sul piano della professionalità). Poi c’è la capacità di spiegare ciò che si vende, e quindi di rispondere in modo cortese ed esaustivo alle domande su cosa contengano i diversi gusti (presenza di allergeni?), fino a saperne raccontare le caratteristiche o a suggerirne gli abbinamenti. Infine, e solo in ultimo, c’è la valutazione della manualità al servizio. Un personale di contatto efficiente denota una direzione attenta e una professionalità che probabilmente parte dal laboratorio di produzione.

I valori della professionalità di chi sta dietro al prodotto, si evincono dall’osservazione di alcuni elementi chiave, che sono sicuramente evidenti quando il laboratorio è visibile, ma che possono essere ricercati anche nel semplice punto vendita. A tal proposito non concordo sull’equazione che molti gelatieri o clienti fanno sulla presenza del laboratorio attiguo al punto vendita, come parametro aprioristico di qualità. La qualità intrinseca del gelato (al netto degli ingredienti utilizzati) non dipende dalla vicinanza o meno tra il punto di produzione e quello di vendita, quanto dalla sua organizzazione produttiva e logistica. Un prodotto ben fatto, con ingredienti freschi, mantecato in giornata, ben distribuito e conservato in strutture idonee, non sarà di valore inferiore se la sua vendita è a un kilometro dal luogo di produzione o viceversa. Certo stiamo parlando sempre di prodotti freschi e non di lavorazioni industriali, che vengono congelate, stoccate per settimane o mesi e rivendute a migliaia di kilometri di distanza. Questo è un altro tipo di lavoro e di prodotto che non possiamo chiamare “gelato artigianale di tradizione italiana”.

L’osservazione del laboratorio a vista offre quindi maggiori possibilità di comprensione.

In un negozio che ha alle spalle dei professionisti preparati, ci dovrebbe essere la possibilità di poter trovare prodotti realizzati con le tipicità locali, in linea con la stagionalità. Se poi a specifiche richieste del cliente si ha la possibilità di ottenere prodotti personalizzati, ecco che la professionalità tecnica emerge in modo inequivocabile. Il vero artigiano, e qui lo possiamo dire con connotazione positiva, è colui che ha la capacità sartoriale di adattare la propria produzione alle richieste specifiche di un cliente, poiché ha i mezzi tecnici e culturali anche per poter “inventare” un nuovo gusto se necessario. In una gelateria che offre prodotti standard, spesso realizzati con un sistema molto simile alla preparazione dei piatti pronti che troviamo nei supermercati, sarà molto difficile che si possano esaudire richieste di personalizzazione.

 

Un ottimo mezzo per veicolare la comunicazione della qualità, dell’etica e della professionalità è il coinvolgimento diretto della clientela a eventi formativi sull’educazione alimentare.

Situazioni durante le quali il professionista invita i propri clienti ad assistere a delle spiegazioni, a degli assaggi, che aiutano i clienti a entrare nel mondo del gelato dal suo interno, per comprendere al meglio le scelte qualitative e per valorizzare la propria professionalità e rinforzare rapporti di fiducia ed empatia con i propri clienti.

Uno di questi è l’uso dell’analisi sensoriale del gelato che dal 19 marzo al 3 luglio 2020 si svolgerà in ltre 40 gelaterie sparse sul territorio itlaiano, con tappe anche in Germania, in Grecia e a San Marino!!! Qui maggiori informazioni

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