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Intervista a Gianfrancesco Cutelli
Il Cardinale del gelato e della granita. Siciliano di origine e Pisano di parlata, nonostante la sua imponenza e lo sguardo penetrante è un “buono”. Come i suoi gelati.
RL: Sintetizzando molto, il tuo percorso professionale ti ha portato dal vino al gelato: da un punto di vista sensoriale, nell’analisi di un gelato, ti è stato utile imparare a degustare i vini?
GFC: E’ stato utile perché si impara ad assaggiare con attenzione, cosa che spesso tralasciamo di fare con il gelato. Le differenze ci sono, soprattutto per quanto riguarda la componente olfattiva, il freddo penalizza molto la percezione degli odori, limitandola quasi esclusivamente alla componente retro olfattiva.
Altra differenza che mi viene in mente riguarda l’evoluzione di odori e sapori con l’affinamento, lo scorrere del tempo è un elemento fondamentale nel gusto di un vino, mentre non giova particolarmente al gelato, se escludiamo le ore necessarie alla maturazione di una miscela o a rendere più significativa un infusione a freddo. Altri aspetti come la struttura, la tessitura e la cremosità, sono prerogative del gelato.
Il modo in cui porsi nella valutazione sensoriale di un prodotto invece è molto simile.
RL: Quali parallelismi ci sono tra questo mondo e quello del gelato? Quali sono le cose che si possono applicare e le differenze inconciliabili (se ci sono)?
GFC: In realtà le differenze sono molte ma in entrambi i casi, assaggiare con attenzione, concentrandosi su quello che abbiamo nel bicchiere o nella coppetta escludendo un poco quanto ci circonda, ci da la possibilità di apprezzare maggiormente quello che stiamo degustando, (sempre che ne valga la pena).
RL: Visto che sei un degustatore “seriale” di gelati, in quanto assaggi sempre nel tuo peregrinare le preparazioni dei tuoi colleghi, cosa ti senti di poter dire per consigliare chi volesse “degustare” il gelato con cognizione di causa?
GFC: Di non lasciarsi condizionare dai parametri di riferimento o dalle aspettative. Di cercare di approcciarsi alla degustazione con mente aperta e non condizionata dal gusto personale cercando di percepire la rispondenza al gusto che il gelato dovrebbe avere.
RL: Le tue origini siciliane hanno influenzato l’approccio verso ciò che dovrebbe essere la granita. Da un punto di vista tecnico cosa valuti quando ti poni all’assaggio di una granita? Ci sono alcuni parametri a cui dai maggiore importanza rispetto ad altri?
GFC: La prima cosa che valuto è l’aspetto puramente edonistico, mi deve far stare bene. In seconda battuta la struttura, la texture, la consistenza. Deve avere un cristallo fine, deve essere “soffice” al palato ma senza avere overrun o avendone pochissimo. Poi l’equilibrio del gusto ed infine la dolcezza percepita. Gli ingredienti di una granita sono normalmente quasi gli stessi utilizzati per fare un sorbetto, (ad eccezione di neutri o addensanti), ma combinati con un diverso equilibrio per creare un fiocco di neve magico.
RL: Tu proponi nelle tue gelaterie a Pisa e Lucca la granita “siciliana”, il pubblico come reagisce a questo prodotto proposto al di fuori del suo contesto?
GFC: In realtà molto bene, soprattutto a Pisa, grazie anche ad una significativa presenza di studenti siciliani, la granita è conosciuta ed apprezzata. Sempre più persone si rendono conto che tra una granita artigianale ed il prodotto coloratissimo che normalmente viene estratto da un granitore da banco vi è una differenza abissale. La texture di una granita in stile messinese, fatta con frutta fresca, ha poco o nulla a che vedere con le scaglie dozzinali di ghiaccio e gli sciroppi colorati. Specialmente d’estate, da me, il consumo di granita è pari, se non a volte anche superiore a quello dei gelati.
RL: La ricerca della materia prima di qualità è uno dei tuoi punti di forza. Il pubblico è sempre in grado di capire le scelte che proponi, oppure a volte ti è capitato di scoprire che una scelta qualitativa non veniva poi percepita tale dal consumatore?
GFC: La ricerca dell’eccellenza nella materia prima che utilizzo per fare i gelati è alla base del mio modo di lavorare. Il concetto di fondo è che solo utilizzando ottime materie prime posso riuscire a fare un ottimo gelato, posso anche rovinarle se non sono capace, ma utilizzando materie prime mediocri difficilmente riuscirò ad avere un prodotto di alta qualità. All’interno di questa filosofia di produzione si inserisce anche la collaborazione con chi produce ingredienti di eccellenza nel mio territorio e con tutta una rete di piccoli produttori sparsi non solo per l’Italia, con la quale quotidianamente ci rapportiamo. Altro aspetto di estrema importanza consiste nel comunicare alla clientela il lavoro di selezione che c’è alla base delle tue scelte, raccontando il tuo prodotto, spiegando le differenze tra due diverse varietà dello stesso tipo di frutta o tra varietà identiche ma coltivate in posti diversi, facendo conoscere lo sforzo che molte volte c’è dietro il lavoro dei piccoli produttori. E’ anche un modo per fare cultura, per recuperare un rapporto con gli artigiani del cibo che si sta perdendo.