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Intervista ad Alberto Marchetti
Creatività, ricerca, innovazione, sfida. Questi i concetti che accompagnano da sempre il percorso di Alberto, col quale abbiamo intrapreso l’avventura della Scuola Internazionale di Alta Gelateria a Torino.
RL: La tua filosofia si sposa con il concetto di buono, pulito e giusto di “Petriniana” memoria. Come hai applicato questi concetti a livello pratico nelle tue gelaterie?
AM: Ho cercato di utilizzare il più possibile ingredienti provenienti da produttori riconosciuti, partendo dagli elenchi dell’Arca del Gusto fino ad arrivare ai presidi Slow Food. Ma ho anche avviato una ricerca di prodotti che, benché non appartenenti a queste due aree, fossero comunque coerenti con questa filosofia. Ad esempio la nocciola che uso non è un presidio Slow Food, ma è un prodotto di altissima qualità, biologica e che acquisto qui vicino. Per quanto riguarda lo zucchero invece sono andato oltre il presidio Slow Food (il Panela), ricercando uno zucchero a chilometro zero, affidandomi a Italia Zuccheri, quindi un prodotto italiano. Non si tratta di un presidio, ma è coerente con il concetto di sostenibilità e della tutela del territorio italiano e della sua economia.
RL: Il gelato può essere un prodotto di consumo distratto e “fast” oppure un prodotto edonico, dalle caratteristiche qualitative elevate, “slow”. Secondo te cosa si può fare per migliorare la consapevolezza del cliente rispetto a ciò che offre il mercato?
AM: Bisogna fare gioco di squadra per far conoscere meglio il nostro prodotto, poiché singolarmente non si riesce ad arrivare a grandi risultati. Occorre raccontare di più le proprie scelte, facendo uno story telling vero. Occorre maggiore sincerità e trasparenza nella comunicazione da parte dei gelatieri. Conoscere meglio i propri ingredienti ed essere consapevoli delle proprie scelte, aiuta ad essere più sicuri nella comunicazione con il cliente. Questo è in fondo uno dei motivi che mi ha fatto pensare ad una formazione al “gusto gourmet” da proporre con la Scuola Internazionale di Alta Gelateria ai colleghi che vogliono andare oltre le nozioni di base della gelateria. Ma la comunicazione della cultura del buon gelato può passare anche attraverso il gioco che coinvolge i clienti; magari con un gioco di carte dove si impara a conoscere gli ingredienti che servono per produrre il gelato…
RL: Hai recentemente inaugurato un nuovo concetto di gelateria: “Casa Marchetti” dove, oltre al gelato, il tuo cliente può trovare in vendita e in degustazione anche gli ingredienti che tu utilizzi per la preparazione dei tuoi gelati. Qual’è il messaggio che vorresti dare con questa scelta?
AM: Casa Marchetti nasce come concetto con una prospettiva ribaltata di gelateria. La scelta è quindi stata: non più i mantecatori a vista come ho sempre avuto ma, visto che parliamo di materia prima e parliamo di prodotti, allora mettiamo il magazzino a vista! Prima il cliente guarda il magazzino, vede le materie prime, poi gli facciamo vedere che ci sono i mantecatori verticali e poi prende il gelato sapendo con cosa è fatto. Oggi tutti hanno i laboratori a vista ma i magazzini chiusi, eppure si parla di materia prima, allora credo che possiamo con coerenza mettere il magazzino in vetrina.
RL: Torino ha una lunga tradizione di gelateria e il prodotto che si trova in città, ha caratteristiche ben precise. Ci puoi descrivere in cosa si differenzia da quello che si trova nel resto d’Italia?
AM: Il gelato torinese è un bel mix di Nord e Sud perché con l’immigrazione Torino si è arricchita di molte influenze alimentari provenienti dal Sud. La caratterizzazione è nella sua cremosità e nella sua ricchezza, dovuta anche all’utilizzo storico del latte condensato come ingrediente costante. Questa pratica di aggiungere latte condensato, adottata in tempo di guerra, probabilmente è stata mantenuta per tradizione e conferisce al gelato una struttura corposa, piena e cremosa. Dal Sud abbiamo preso una certa predilezione per la dolcezza, infatti molti gelati tradizionali torinesi sono particolarmente dolci.
RL: L’ultima domanda riguarda il più recente progetto, che è quello di avviare una Scuola Internazionale di Alta Gelateria e nel quale io mi trovo al tuo fianco. Parliamone.
AM: Noi gelatieri sono un po’ di anni che vogliamo avvicinarci al mondo della ristorazione, cioè ci piacerebbe essere riconosciuti come è riconosciuto un ristorante, con le sue stelle, però la nostra difficoltà è quella che non abbiamo una vera squadra di lavoro paragonabile alla brigata dello chef. Il pensare alla gelateria gourmet e quindi anche alla sua formazione (perché è bello poi trasmettere le cose) ci ha fatto ragionare su un sistema diverso di organizzazione. Bisognerebbe pensare a delle gelaterie che hanno una brigata, grande o piccola che sia. Mi immagino il gelatiere gourmet a capo di un’organizzazione dove ci può essere un pastry chef ed altre figure che concorrono a offrire al cliente qualcosa di simile a ciò che accade in un ristorante. Dove non è solo importante la materia prima, ma anche le attenzioni al cliente, il servizio, gli ambienti, l’esperienza di acquisto e così via. Per far questo bisogna aumentare la professionalità. Ecco a cosa potrebbe servire la Scuola Internazionale di Alta Gelateria…
RL: Certo è che se si crea una brigata e quindi delle figure che affiancano il gelatiere nelle attività ordinarie, aumenta la complessità organizzativa e di conseguenza i costi. Il risultato sarà che il tuo gelato costerà necessariamente di più ed andrà comunicato in modo chiaro al cliente.
AM: Bisogna infatti creare la percezione della differenza di prezzo tra determinate gelaterie e le atre. Non basta alzare i prezzi solo perché si usa una buona materia prima, anche perché è possibile che arrivino nuovi format altamente spinti sul marketing, che magari dichiarano di utilizzare “pistacchi selezionati” – che non vuol dire assolutamente nulla dal punto di vista qualitativo – e possono giustificare anche loro un prezzo più alto, solo perché è comunicato in modo efficace. Bisogna quindi creare questo stacco tra le gelaterie dove si trova un prodotto ed un servizio eccezionali e costa di più e le gelaterie dove il prodotto costa di meno. Stiamo parlando comunque di una differenza di un euro, non di quella che c’è tra la trattoria e il ristorante stellato. Inoltre ritengo che il gelato debba sempre rimanere nell’ambito del dessert senza stravolgerlo in formule improponibili, ma abbinandolo a preparazioni di alta cucina. Ad esempio mi piace l’idea di abbinare un gelato da pozzetto, quindi tradizionale, con un moscato passito eccezionale ed un piatto da alta ristorazione.