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Le nuove frontiere del marketing in gelateria
“Non c’è nulla di immutabile, tranne l’esigenza di cambiare.”
Eraclito
In questi giorni sto leggendo una nuova pubblicazione sul marketing emozionale dal titolo “Cardio Marketing”. Fin dalle prime pagine ho potuto riconoscere molti riferimenti bibliografici che mi hanno riportato al mio precedente lavoro “Gelato Business”. E’ un piacere vedere che i temi del marketing emozionale vengono trattati sempre più spesso e con estrema attualità nel mercato odierno. Ho deciso quindi di riportare qualche passaggio del mio libro che anticipa di qualche anno il marketing “del cuore”.
Il fatto che anche le gelaterie artigianali debbano essere gestite con un forte orientamento al marketing è un dato ormai acquisito.
La velocità dei cambiamenti del mercato, le esigenze sempre più sofisticate della clientela, il proliferare di una concorrenza sempre più agguerrita ed intensa, portano gli “imprenditori artigiani” a considerare le regole del marketing moderno il sistema più efficace per creare e mantenere la propria fetta di mercato ed a volte ingrandirla a dispetto della crisi e della forte concorrenza.
Negli ultimi venti anni il concetto di marketing ha subito tanti e tali sviluppi che risulta necessario fare il punto della situazione per capire che cosa si intende per marketing, dato che il contesto di mercato è mutato quasi radicalmente.
L’evoluzione del marketing nell’era post-moderna
Il concetto di marketing nasce negli Stati Uniti intorno agli anni ’50 del secolo scorso e si basa sulla centralità del cliente e sulla necessità di sviluppare le attività imprenditoriali in funzione della soddisfazione dei suoi bisogni[1].
Negli anni ’60 Jerome McCarthy sviluppa il concetto di marketing mix identificando quattro variabili controllabili dall’azienda in funzione del raggiungimento dei livelli di vendita desiderati all’interno del mercato obiettivo: le famose 4 P (prodotto, prezzo, punto vendita e promozione)[2].
Con le crisi economiche degli anni ’70 unite ad una crescente critica sociale verso il modello capitalista, il marketing viene vissuto da una cospicua parte dei consumatori come uno strumento di manipolazione. Nasce quindi l’esigenza di evidenziare che il marketing, oltre a soddisfare i bisogni del cliente, deve anche migliorare il benessere sociale (societal marketing).
Nel 1980 nasce il marketing strategico che è incentrato sulla pianificazione e sull’adattamento dinamico delle attività d’impresa. L’obiettivo è quello della differenziazione dell’offerta per poter avere un successo nel lungo periodo. La crescente complessità dei mercati ha portato le aziende a rivolgersi a fette di mercato sempre più piccole: si è passati dall’orientamento al mercato all’orientamento al cliente, fino a cercare di stabilire in modo prioritario relazioni di lungo periodo con i clienti già acquisiti (micromarketing). Questa variazione ha portato le aziende ad analizzare in modo profondo le abitudini e le attitudini dei clienti per scoprirne i meccanismi di fidelizzazione.
Negli anni ’90 nelle strategie di marketing entrano in gioco anche discipline atte a comprendere i significati di acquisto più profondi, rispetto a quelli legati ai benefici funzionali e tangibili del prodotto in sé. Oltre alle scienze economiche si attinge alle diverse discipline che studiano il comportamento umano, dalla sociologia all’antropologia culturale, dalla filosofia alla psicologia, dalla medicina alla biologia, finoalla semiotica. Nasce il marketing relazionale che ha lo scopo di instaurare un rapporto cooperativo e creativo con il cliente nell’elaborazione del significato della marca. Ecco che non si cerca più di conquistare semplicemente la fedeltà del cliente, ma di “essergli fedele” adattandosi ai suoi cambiamenti.
Con il nuovo millennio l’atto di acquisto, prima ancora del consumo, diventa centrale e quindi la sua esperienza e il significato che ne deriva, il focus sul quale incentrare l’attenzione. Il mondo reale e quello virtuale si compenetrano con la digitalizzazione. Il marketing passa quindi da mera funzione aziendale a “filosofia di azienda” con il compito di coordinare e integrare tutti i processi che creano valore per il cliente, sia nell’ambiente reale che in quello virtuale, grazie anche ai nuovi media digitali. Il cliente diventa asset dell’azienda e contribuisce a creare il valore del brand, a modificarlo e adattarlo in base alle proprie esigenze. Si instaura un rapporto a due vie in cui il cliente dispone di un potere inedito rispetto al passato sulla valorizzazione del brand dell’azienda che sceglie di seguire. Da qui l’importanza per le aziende di coinvolgere il cliente in un rapporto fiduciario che si andrà poi a riflettere nei suoi rapporti reali, ma soprattutto su quelli virtuali con l’esplosione dei social network.
Oggi il marketing si muove nella logica di personalizzazione dell’esperienza attraverso i molteplici canali di comunicazione di cui le aziende dispongono. Le competenze legate al marketing sono diventate la base per la creazione del vantaggio competitivo e le sue attività sono determinanti per la creazione di valore d’impresa.
Per definire il marketing moderno si può partire con l’assunto che “il marketing è l’insieme dei processi volti all’identificazione e alla soddisfazione dei bisogni sociali e umani”[3], ed essendo tali bisogni in costante evoluzione, il marketing efficace non può che essere un processo di continua ricerca che coinvolge la gestione dell’azienda nel suo insieme.
All’inizio della seconda decade del nuovo millennio si parla di “marketing olistico”, basato sul concetto che nel marketing “tutto conta”: occorre osservare le cose da una prospettiva ampia e articolata[4]. Non si parla più di un solo marketing, ma di diverse componenti che si integrano. Accanto al marketing relazionale abbiamo così il marketing sociale, quello emozionale, fino ai marketing generazionali, etnici, gay, eccetera,… Tutte queste sfaccettature condividono la stessa filosofia che nel tempo è mutata da “produci e vendi” a “percepisci e rispondi”.
Il marketing del terzo millennio è la sintesi del collegamento tra azienda e cliente e costituisce il vero centro dell’universo aziendale. Il marketing parte dallo sviluppo dei prodotti, rende efficace la produzione, coinvolge le attività di vendita, quelle promozionali, la gestione del personale di contatto, le relazioni con il pubblico. Questo coordinamento ha la funzione di risolvere i problemi delle persone (i clienti) nel loro mutevole rapporto sociale quotidiano, tramite la vendita di prodotti o l’erogazione di servizi, in modo redditizio.
Diventa quindi di vitale importanza riflettere sulle caratteristiche e sui bisogni del cliente che, nella nostra società, sono di più difficile collocazione.
Marketing emozionale per capire il consum-attore
Il passaggio alla società post-moderna ha portato ad una fluidità dell’individuo, le persone non hanno caratteristiche univoche ma appartengono contemporaneamente a più gruppi, o come viene meglio definito oggi a “tribù”. Il bisogno di accettazione e di condivisione viene soddisfatto con l’appartenenza ad un gruppo, al contempo il bisogno di unicità si esprime con lo sceglierne contemporaneamente altri. Il contatto con gli altri condiziona inevitabilmente le scelte di valutazione dei prodotti, delle marche e condiziona le modalità di consumo in generale.
Il consumo è un’attività complessa che implica stile di vita, uso del tempo e della propria energia, investimento in conoscenza ed informazione, capacità di relazione con gli altri e senso della propria identità, tutte dimensioni incomprimibili nella sola variabile monetaria. Il consumo taglia trasversalmente tutta la nostra quotidianità e la nostra esistenza, è condizionato dagli eventi storici ed evolve incessantemente legandosi alla dinamicità dei trend sociali.
Oggi non ha più senso parlare di consumatore “target” ma piuttosto di consum-attore partner: un individuo che detiene valori propri da condividere con soggetti a lui simili, inserito in un contesto culturale ricco di interazioni reali e virtuali e che valuta prodotti, marche e pubblicità alla luce di queste e che nel contempo dialoga con l’azienda e partecipa egli stesso attivamente a creare il valore di marca.
Il consumo è diventato fonte di esperienza sociale ed individuale, è una ricerca stimolata dalla curiosità volta alla creazione di ricordi. Nello scegliere di entrare in una gelateria, sicuramente la qualità del gelato è rilevante, così come lo è il rapporto qualità-prezzo, ma è l’esperienza globale che si vive sia all’interno del locale che nello spazio virtuale (come valore di brand) che convince il cliente a scegliere di tornare.
Le scelte di consumo hanno sempre un duplice significato: economico e sociale. Il primo non sempre prevale sul secondo, anzi, nonostante il dichiarato periodo di crisi certi comportamenti di acquisto tendono a sbilanciarsi verso motivazioni di carattere sociale e, spesso, emozionale.
I grandi esperti di marketing e comunicazione da un po’ di tempo stanno studiando le reazioni emotive dell’uomo, per cercare di arrivare ad interessare il potenziale cliente in modo sempre più mirato ed efficace. Si è passati ad esplorare i campi medici delle neuroscienze, della psicologia e della psicolinguistica, alla ricerca di quei meccanismi che possono creare attenzione ed interesse verso un messaggio pubblicitario superando a volte la soglia della coscienza vigile.
Si è scoperto infatti che il cervello ha sostanzialmente due modi di ricevere ed assimilare le informazioni esterne. Il primo, quello basilare è pre-logico, che non scinde la realtà letterale da quella astratta, il secondo è invece più complesso ed è quello che rende possibile l’emulazione, l’astrazione ed è in grado di trasformare anche gli oggetti di uso quotidiano in qualcosa di magico ed astratto.
Dagli studi di Freud in avanti siamo abituati a dividere l’attività mentale in due livelli, quello conscio e quello inconscio. Pochi sanno però che il livello conscio governa meno del 5% delle capacità di memorizzazione: quanto basta per analizzare in modo molto superficiale le caratteristiche salienti delle informazioni ricevute che vengono poi inviate all’analisi del livello profondo. Il restante 95% delle decisioni dipende da una serie di interazioni inconsce che la mente compie attraverso filtri e schematizzazioni mentali che prendono in considerazione sia quelle informazioni già presenti nella memoria più profonda sia, in mancanza di dati sufficienti, i modelli cognitivi che possono essere assimilabili all’esperienza che si sta vivendo in quel dato momento.
Altro dato importante è che circa il 75% delle informazioni che riceviamo viene dimenticato nel giro di 24 ore, il che significa che la memoria più attiva è quella del breve periodo. Significa inoltre che la capacità della memoria di breve termine è limitata e se un’informazione non viene ripetuta frequentemente, tende ad essere dimenticata.
La zona del cervello deputata alla scelta delle cose da ricordare è quella dell’ippocampo che, guarda caso è anche la sede delle nostre emozioni e dei sentimenti. Tutto ciò ci porta a pensare che l’apprendere o il dimenticare è influenzato dalle emozioni, poco importa se di carattere positivo o negativo. I fattori emozionali sono quindi in grado di influenzare in modo determinante la memoria: ci consentono di ricordare più facilmente un evento, distorcere un ricordo o rimuoverlo del tutto. Quindi lo stato emotivo è una condizione importantissima per fissare nella memoria un’informazione. Se siamo di buon umore ricordiamo più facilmente le cose positive, mentre se siamo di cattivo umore sarà più facile ricordare fatti negativi.
Ragionando su questi postulati possiamo dedurre che l’impatto emozionale di un messaggio o di un ambiente acquista un’importanza cruciale nella scelta d’acquisto del consum-attore.Il prodotto non è più l’unica motivazione d’acquisto: il consum-attore cerca sempre più rassicurazioni legate al “brand” – nel nostro caso al ”nome” della piccola attività artigianale – o nuove esperienze emozionali legate al punto vendita.
Completa il quadro il fatto che i luoghi di acquisto stanno diventando sempre più dei “punti d’incontro” dove si danno appuntamento gruppi omogenei di consum-attori, soprattutto giovani, ma non necessariamente.
A questo proposito secondo studi di marketing generazionale, l’età ha ancora un valore importante nella segmentazione del mercato poiché essa trasforma notevolmente i bisogni dei consumatori[5].
Oggi bisogna conoscere le logiche che guidano la realizzazione di attività commerciali di piccole o medie dimensioni, che sono sostanzialmente legate alle tendenze e devono adeguarsi ai continui cambiamenti dei flussi di consumo (vedi terzo capitolo: La progettazione del punto vendita).
Questo testo è tratto dal libro “Gelato Business Start-up e marketing innovativo in gelateria” (IRC 2013) di Roberto Lobrano